L’età e la produzione di melatonina
Consideriamo due dati di fatto: 1) l’uomo è l’unico organismo vivente che si permette di alterare i propri ritmi biologici sostituendo il giorno con la notte (e viceversa); 2) invecchiando, la nostra capacità di produrre la giusta quantità di melatonina durante la notte diminuisce. Per questo motivo, il segnale notturno diventa più debole e questa alterazione viene trasmessa all’intero organismo. Spesso non si attiva fino a ben oltre la mezzanotte. Tuttavia, la secrezione di questo ormone cessa puntualmente con le prime luci dell’alba. Di conseguenza, le persone anziane ricevono l’ormone del sonno per un periodo troppo breve ed in qualità sempre più scarsa.
Per una ghiandola pineale vecchia non è in alcun modo possibile produrre melatonina in quantità e qualità sufficienti, anche quando ci si corica nel buio più completo. I vasi che giungono alla ghiandola pineale sono numerosi ma, come nel resto del corpo, con l’avanzare dell’età si calcificano. La calcificazione può causare un riduzione nella produzione di melatonina e, di conseguenza, un perdita notevole di sonno e un’interruzione del ritmo circadiano.
Fino al terzo mese di vita, la melatonina non viene quasi per nulla prodotta secondo un ritmo giorno/notte. Dal quarto mese, i valori di melatonina sierica aumentano, consentendo un graduale sviluppo del ritmo circadiano. L’età in cui riusciamo a produrre il maggior quantitativo di melatonina è tra il primo e il terzo anno di vita. Manteniamo questo alto livello di melatonina fino alla pubertà, dopodiché comincia a scendere fino ai livelli medi di un adulto. Un essere umano sano in età adulta riesce a produrre di notte un livello di melatonina fino a 8-10 volte maggiore rispetto a quello del giorno; nei soggetti più anziani, il livello di melatonina aumenta sempre più tardi nella notte, quindi per un periodo di tempo sempre più breve, e non più di due volte maggiore rispetto a quello del giorno.
Questa differenza tra il livello di melatonina diurno e il livello di melatonina notturno è troppo lieve per consentire all’organismo umano di “riconoscere” la notte e il giorno in modo corretto e, quindi, di adeguare il proprio orologio biologico di conseguenza. Molto probabilmente questa è una delle ragioni per cui le persone più anziane accusano disturbi del sonno e tutte le malattie che ne conseguono.
La carenza di melatonina si manifesta anche come un’alterazione del ritmo dei sistemi ormonali a valle. Un calo precoce della produzione di melatonina può causare l’insorgenza prematura della menopausa, in quanto porta ad una riduzione degli ormoni sessuali. La melatonina è essenziale anche per la produzione dell’HGH, l’ormone della crescita, famoso come “ormone della vitalità” che, senza il supporto della melatonina, viene prodotto molto più lentamente. Se la melatonina è insufficiente, ne risente anche il fegato che non riesce a programmarsi in modo efficace per rigenerarsi durante la notte. Ne può conseguire una certa resistenza all’insulina, favorendo così l’insorgere del diabete. Come se non bastasse, lo stimolo di urinare non varia dal giorno alla notte se manca l’anti ormone (ADH) per via della carenza di melatonina.
La carenza di melatonina influisce negativamente anche sul cervello: tutti i meccanismi di riparazione che hanno luogo durante la notte sono ridotti; il salvataggio delle informazioni nella memoria a lungo termine – che avviene durante il sonno – non ha più un supporto; questo aumenta la predisposizione alla demenza precoce e ad altri processi neurodegenerativi.
La rivista professionale britannica Journal of Ophthalmology, ha pubblicato di recente un articolo allarmante dal quale emerge la correlazione tra l’invecchiamento degli occhi e la produzione di melatonina. È stato rilevato che, passati i 45 anni, gli impulsi luminosi fanno più fatica a raggiungere i sensori posti all’interno dell’occhio. La causa di questo è il leggero ingiallimento delle lenti oculari e il restringimento della pupilla. Per questa ragione, si riducono le particelle di luce che riescono a raggiungere le cellule più importanti della retina, che regolano i nostri orologi biologici sulla base del ritmo giorno/notte. Studi hanno dimostrato che i cambiamenti nell’occhio dovuti all’avanzare dell’età possono causare numerose malattie tipiche degli occhi, per le quali la causa non è da ricercare nell’occhio stesso. Le conseguenze del deterioramento della capacità oculare comprendono deficit cognitivo (con particolare riferimento alla capacità mnemonica), insonnia, depressione e tempi di reazione rallentati. Alla luce di tutto questo, si suppone che vi sia un collegamento tra il cambiamento dell’occhio e l’alterazione nella produzione di melatonina.
I nostri orologi biologici reagiscono ai cambiamenti da luce a buio, controllano i nostri ritmi circadiani e lanciano impulsi a tutti i nostri organi perché svolgano le loro funzioni diurne e notturne. Il cervello, per esempio, di notte archivia nella memoria a lungo termine le informazioni raccolte durante il giorno. Oppure le cancella definitivamente. Questi segnali di accensione vengono frequentemente trasmessi dall’ormone madre della cronobiologia: la melatonina. I soggetti anziani riportano un livello di questo ormone pari a una minima frazione di quanto gliene occorra effettivamente, il che a sua volta influisce sulla concentrazione di altri neurotrasmettitori. Non ne conseguono solo i vari problemi col sonno notturno, bensì anche un indebolimento generale nell’attività giornaliera degli organi più importanti, per esempio del fegato o dei nervi, nell’arco delle 24 ore.